L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non definisce in nessuno dei suoi documenti il concetto di crescita settimanale minima accettabile, né per i bambini allattati al seno, né per quelli alimentati artificialmente.

Io capisco che un genitore (o anche un operatore sanitario) sarebbe felice di avere un criterio semplice, del tipo  "nel primo trimestre la crescita settimanale minima accettabile è xxx grammi".  La realtà non si comporta però sempre con la semplicità che desidereremmo, ha spesso una resistenza ostinata e intrinseca alle nostre aspirazioni, e quel tipo di criterio ha almeno due problemi.

Un primo problema è che la crescita minima accettabile è un concetto che ognuno interpreta a suo modo e che quindi non permette di comunicare con efficacia. "Minima accettabile" in che senso? È accettabile se questa crescita settimanale si verifica una tantum? O se si ripete due volte consecutivamente? O cinque? O dieci volte? Già su questo è facile che ciascuno intenda una cosa diversa. E poi, su un piano più fondamentale, "accettabile" per che fine? Per proteggere la salute del bambino? O per proteggere il proseguimento dell’allattamento? E se è per proteggere la salute del bambino, qual è il criterio? Si pensa agli esiti di salute a lungo termine, al benessere immediato, o altro ancora? Come vedete, sono possibili interpretazioni molto diverse, e probabilmente una definizione chiara e utile neppure è possibile. 

Il secondo problema è che anche ammettendo di trovare un accordo sulla definizione della "crescita settimanale minima accettabile", e anche limitandosi a considerare un periodo di tempo relativamente breve della vita di un bambino, per esempio il primo trimestre, un singolo numero non riuscirebbe in ogni caso a rappresentare adeguatamente la realtà, perché la crescita è un fenomeno complesso. Troppo importanti sono le differenze delle situazioni: ad esempio tra la crescita dei bambini nel secondo mese o nel terzo mese, tra bambini di peso alla nascita diverso, tra maschi e femmine. Se ignorassimo queste differenze semplificando i riferimenti di crescita, rischieremmo di arrivare a conclusioni imprecise e a volte addirttura sbagliate.

Quindi non è un caso o una sfortunata dimenticanza il fatto che l'OMS non parli mai di crescita minima accettabile, ma è una cosa intenzionale e significativa, che ha a che fare con il secondo problema esposto sopra, ma ancor di più con il primo. L'OMS fornisce invece diversi strumenti più complessi che non sono inficiati da questi  problemi. Uno di questi strumenti è l'informazione praticamente completa sulla distribuzione statistica  del peso dei bambini sani e allattati, nella forma sintetica e facile da utilizzare di percentili, sia per i maschi che per le femmine. Le tavole dei percentili (la figura riporta il confronto tra i percentili 3°, 50° e 97° per maschi e femmine nei primi 3 mesi, ricavati dai dati OMS) sono uno strumento grafico che permette di valutare l’evoluzione della curva di crescita del bambino nel tempo: il confronto con il riferimento dei percentili ci può aiutare a capire se ci sono dei problemi nell’alimentazione, o nella sua salute, e spesso anche a interpretare il comportamento dei bambini.  

Quest'ultimo paragrafo mi ha fatto perdere probabilmente una buona percentuale di lettori... grafici, distribuzioni statistiche, percentili... possibile che siano necessari strumenti matematici per vedere se il bambino sta bene? Nella maggior parte dei casi no, la divergenza dall'andamento dei percentili è solo uno, e neanche il principale, degli strumenti a disposizione del pediatra per verificare la salute di un bambino. In realtà però, oltre e ancor più che uno strumento per verificare la salute del bambino, i percentili sono uno strumento molto efficace e sensibile per l'individuazione precoce dei problemi di allattamento. Non è certamente, neanche in questo caso, il solo strumento a disposizione, ma la sua sorprendente sensibilità  può fare spesso la differenza, perché come e più di altri problemi, quelli connessi all'allattamento è importante affrontarli precocemente. E non sono d'accordo con chi dice che ogni bambino ha una sua curva di crescita che ha ben poco a che fare con i percentili. Molta di questa variabilità individuale è già considerata dai diversi percentili. In realtà tante volte mi capita, guardando una curva di crescita che flette leggermente verso il basso rispetto all'andamento dei percentili, di chiedere qualcosa come "cos'è successo all'inizio di Marzo?" e la risposta poi è "proprio in quella settimana mi hanno detto di distanziare leggermente le poppate" oppure "mia suocera mi ha comprato i paracapezzoli". Quindi non è che quella curva divergesse dall'andamento dei percentili perché "era proprio la curva di quel bambino", ma perché era la curva di quel bambino e di quella suocera!

Molto spesso il sostegno all'allattamento è purtroppo inteso in modo passivo, come tolleranza prolungata di una crescita sub-ottimale (anche se non tale da mettere a rischio per il bambino) in attesa che l'allattamento funzioni da solo. "Possiamo aspettare a vedere come va, e se poi non funziona possiamo dare l'aggiunta". E a volte, aspettando, qualcosa si risolve anche. Nella maggior parte dei casi però, no. Io sono invece per rovesciare il ragionamento: la crescita sub-ottimale è il canarino nella miniera che indica che occorre intervenire attivamente e tempestivamente, per migliorare l'allattamento prima che la situazione evolva fino al punto in cui è necessario integrare con il latte formulato.

Piuttosto che impuntarsi su un valore di crescita settimanale minima accettabile, quindi, provate a guardare le cose dall'alto, con l'aiuto dei grafici dei percentili OMS (maschi femmine): non è difficile mettere i punti sulla curva e vedere se l'andamento è approssimativamente parallelo ai percentili. Se non lo è, cercate tempestivamente l'aiuto di chi si dedica a migliorare concretamente l'allattamento.  Il punto non è evitare il latte formulato il più a lungo possibile, ma far crescere il bambino con il latte di mamma.

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